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: costruendo in conformità alle legge 13/89 di quali deroghe possiamo avvalerci? distanza del manufatto dai confini di proprieta distanza da altri fabbricati, distanza dalle strade, distanza dalle finestre dello stesso edificio, distanza da balconi dello stesso edificio,
costruendo in conformità alle legge 13/89 di quali deroghe possiamo avvalerci? distanza del manufatto dai confini di proprieta distanza da altri fabbricati, distanza dalle strade, distanza dalle finestre dello stesso edificio, distanza da balconi dello stesso edificio,
Categoria: Edilizia » Privata » Quesiti Giuridici » Nuova edificazione
"Come è noto l'art. 79 del DPR 380 del 2001, riproduttivo del precedente art. 3 della L. 13 del 1989, consente la realizzazione di interventi di eliminazione delle barriere architettoniche in deroga alle norme del regolamento edilizio, s'intende nell'ipotesi in cui queste abbiano fissato limiti maggiori rispetto a quelli minimi, aventi carattere inderogabile, stabiliti dalle disposizioni statali. Tali limiti sono: In tema di distanze fra le costruzioni il primo riferimento normativo è il Codice Civile agli articoli 873 e ss. fino al 907. Il codice civile in questo tema dispone il principio in base al quale la distanza non può essere inferiore a tre metri salvo che i regolamenti comunali dispongano altrimenti. Questo significa che sono i regolamenti edilizi il primo riferimento e che le disposizioni del codice civile si applicano solo in loro mancanza. Quando però le costruzioni vicine sorgono a quella distanza da più di vent'anni entrambi i proprietari sono tenuti ad accettarli in quella posizione senza poter far nulla per cambiarla. Si parla in questo caso di usucapione. Per le nuove costruzioni invece le distanze fra gli edifici si fanno più lunghe nel senso che la distanza minima fra due edifici di nuova costruzione deve essere non inferiore a dieci metri e ancora di più se fra queste passa una strada a traffico veicolare. Il riferimento normativo in questo caso è il decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444 Come è noto l'art. 79 del DPR 380 del 2001, riproduttivo del precedente art. 3 della L. 13 del 1989, consente la realizzazione di interventi di eliminazione delle barriere architettoniche in deroga alle norme del regolamento edilizio, s'intende nell'ipotesi in cui queste abbiano fissato limiti maggiori rispetto a quelli minimi, aventi carattere inderogabile, stabiliti dalle disposizioni statali. Conseguentemente, prendendo in esame solo la normativa urbanistica, si potrebbe concludere che è preclusa la realizzazione di ascensori all'esterno di edifici quando non è rispettata la distanza minima. Occorre tuttavia considerare il rilievo assegnato alla legislazione speciale sull'abbattimento delle barriere architettoniche e l'interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale nella sentenza 167 del 1999. Nella pronuncia è stata evidenziato come la normativa tecnica in tema di accessibilità, adattabilità e visitabilità (che costituisce un requisito edilizio essenziale per tutte le nuove costruzioni e consente altresì di eseguire modifiche sugli edifici esistenti per renderli più comodamente accessibili, anche in deroga alle disposizioni sulle deliberazioni condominiali) è intesa a realizzare il ""dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo alla esplicitazione dei diritti fondamentali delle persone affette da handicap fisici"". Si tratta dunque di una normativa direttamente attuativa di principi cardine della nostra Costituzione, dettati dagli artt. 2, 3 e 32 i quali pongono ""come fine ultimo dell'organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana"" dovendosi rimuovere quei fattori che producono una ""disuguaglianza di fatto impeditiva dello sviluppo della persona"", e costituiscono una lesione del fondamentale diritto alla salute, intesa nel significato ""comprensivo anche della salute psichica"" al pari di quella fisica. Nel caso prospettato si ritiene dunque necessario contemperare l'esigenza di rispettare il diritto della persona handicappata ad una vita di relazione, garantendo l'accessibilità della propria abitazione, con la normativa urbanistica sulle distanze, di cui al decreto citato (preordinata ad evitare che tra le costruzioni vi siano strette intercapedini nocive alla salute, all'igiene, alla salubrità e alla sicurezza degli edifici). L'orientamento della Regione Emilia Romagna, espresso in una risposta al Comune di Rimini, con riferimento a quanto sopra espresso prevede che : "qualora per interventi sugli edifici esistenti non sia possibile soddisfare entrambe le esigenze -ferma restando in ogni caso l'osservanza delle distanze minime previste dagli artt. 873 e 907 del codice civile, espressamente richiamati dall'art. 79 del DPR 380 del 2001-, si ritiene che l'amministrazione comunale possa rilasciare titoli edilizi a favore di portatori di handicap ovvero di chi ne esercita la tutela o la potestà, per eseguire interventi di eliminazione di barriere architettoniche in deroga alle distanze stabilite dal decreto ministeriale citato, considerato il primario interesse alla tutela della persona umana sotteso alla normativa a favore dei portatori di handicap"
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