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: "Al fine di individuare la disciplina in tema di eliminazione delle barriere architettoniche applicabile agli ""studi professionali"", si chiede di sapere se gli stessi sono qualificabili quali ""luoghi privati aperti al pubblico"" o, più precisamente, quali ""sedi di attività aperta al pubblico"" "
"Al fine di individuare la disciplina in tema di eliminazione delle barriere architettoniche applicabile agli ""studi professionali"", si chiede di sapere se gli stessi sono qualificabili quali ""luoghi privati aperti al pubblico"" o, più precisamente, quali ""sedi di attività aperta al pubblico"" "
Categoria: Edilizia » Privata aperta al pubblico » Quesiti Giuridici
"La qualificazione degli studi professionali quali sedi di attività aperte al pubblico comporterebbe l'applicazione agli stessi della disciplina dettata dall'articolo 3, quarto comma, lettera e) del DM LL.PP. n. 236/1989 (Regolamento attuativo della legge n. 13/1989 laddove il legislatore, dopo avere prescritto, in via generale, la ""visitabilità"" quale livello di fruizione delle unità immobiliari, precisa le condizioni che, in particolare, devono essere osservate nelle unità immobiliari sedi di attività aperte al pubblico, affinché possa dirsi soddisfatto il prescritto requisito della ""visitabilità"". Qualora invece si negasse agli studi professionali tale qualificazione, gli stessi rientrerebbero nella previsione di cui all'articolo 3, quarto comma, lettera F) del DM: 14 giugno 1989, n. 236 che, in deroga alla previsione generale che impone la ""visitabilità"", consente che nei luoghi di lavoro sedi di attività non aperte al pubblico e non soggette alla normativa sul collocamento obbligatorio, sia sufficiente soddisfare il requisito della ""adattabilità"". La nozione di ""luogo aperto al pubblico"" è stata definita dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sia pure a fini specialistici, come ""luogo al quale può accedere il pubblico ma soltanto in certo momento o adempimento a speciali condizioni poste da chi esercita un diritto sul luogo medesimo"". La giurisprudenza ha ampliato la nozione di luogo aperto al pubblico, considerando tale non soltanto quello al quale ciascuno può accedere, ma anche l'ambiente privato l'accesso al quale sia escluso alla generalità delle persone, ma consentito ad una determinata categoria di aventi diritto (vedi sul punto la voce ""Luogo pubblico o aperto al pubblico"", Digesto disciplinare penalistiche vol. VII, pago 472 e Cassazione Penale 7.9.1989 in Cassazione Penale 1990, pago 2100). Da quanto premesso, non pare sussistano dubbi circa la configurabilità degli studi professionali quali luoghi aperti al pubblico e ciò in quanto l'attività ivi svolta comporta, nella generalità dei casi, l'acceso agli stessi di un numero indeterminato di persone (clienti, fornitori, ecc.), sia pure nel rispetto di predeterminate modalità e condizioni quali, ad esempio, l'osservanza di un orario di apertura degli uffici o la necessità di una previa fissazione di appuntamento. D'altro canto, anche volendo prescindere dalle considerazioni di cui sopra, si può osservare come la stessa ""ratio"" della normativa statale e regionale in tema di abolizione delle barriere architettoniche, suggerisca di applicare, anche agli studi professionali, la disciplina più rigorosa, come richiede la ""visitabilità"" quale livello di fruizione degli edifici. A tal fine è sufficiente ricordare come le finalità e gli obiettivi perseguiti dal legislatore ed espressamente enunciati agli articoli 1 e 2 della legge regionale n. 6/1989, consistono nell'assicurare a tutti i cittadini la massima autonomia nello svolgimento di ogni attività effettuata nell'ambiente costruito, adeguando lo stesso al fine di garantire l'assenza di limiti nell'uso di spazi, edifici e strutture. Non vi è dubbio che nell'ambito delle attività così garantite possa, anzi debba, rientrare anche la possibilità per il soggetto portatore di handicap di usufruire, nella massima autonomia possibile, delle prestazioni rese dal professionista presso il proprio studio, senza che ciò sia limitato, o addirittura impedito, dall'esistenza di barriere architettoniche. Un ultimo argomento a favore dell'imposizione agli studi professionali del requisito della ""visitabilità"" discende dalla seguente considerazione: qualora si ritenesse che gli studi professionali, in quanto sedi di attività non aperte al pubblico, debbano essere soggetti al solo requisito della "adattabilità" , gli stessi sarebbero, illogicamente, sottoposti ad una disciplina meno rigorosa rispetto a quella prevista per gli edifici residenziali ad uso abitativo, per i quali è richiesta la "visitabilità". In conclusione e per i motivi esposti si ritiene che gli studi professionali debbano considerarsi, al fine in esame, quali luoghi sedi di attività aperte al pubblico e che, pertanto, ad essi debba applicarsi la disciplina dettata all'art.3, comma quarto, lettera e) del DM LL.PP. n. 236/1989. (oo.pp. regione lombardia)"
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